Civico Museo Sartorio

Il Museo Sartorio è un affascinante esempio di “casa museo” insediato in un’elegante villa borghese edificata nel ’700 e ampliata in epoca neoclassica, collocata a breve distanza dal mare e circondata da un giardino.

Il Museo venne aperto al pubblico nel marzo 1954 e, nel corso degli anni, accanto alla collezione originaria si è configurato quale scrigno per ospitare altre collezioni, di proprietà o in deposito ai Civici Musei di Storia ed Arte – Rusconi-Opuich, Costantinides, Piperata, Gipsoteca-Gliptoteca, Capolavori dell’Istria – che ne ampliano l’offerta espositiva. Chiuso per due anni, nel 2006 è stato riaperto al pubblico a seguito del suo completo restauro, finanziato dal Comune di Trieste e da un generoso contributo della famiglia Costantinides.

All’interno del Museo Sartorio, gli arredi, le opere d’arte e gli oggetti di uso quotidiano fanno parte di un affascinante percorso espositivo che si snoda su tre piani: nei salotti, comunicanti tra loro, convivono gli stili Impero e Biedermeier, sino al revival storico, neogotico e neorococò.

La Famiglia

I proprietari, la famiglia Sartorio, erano una ricca famiglia di mercanti provenienti da Sanremo, presenti a Trieste dalla fine del XVIII secolo. Essi vi abitarono dal 1838 al 1949 e, nel 1946, alla morte dell’ultima discendente diretta – Anna Segrè Sartorio – per sua volontà testamentaria la villa passò al Comune di Trieste assieme alle sue collezioni.
Pietro Sartorio sr., giunto a Trieste dalla natia Sanremo nel 1775, in qualità di mercante di granaglie, si afferma a Trieste contribuendo alla vivacità mercantile della città, entra a far parte del patriziato triestino e ricopre numerose cariche istituzionali. La sua fiorente attività commerciale fu proseguita con successo dai figli Giovanni Guglielmo e Pietro. Quest’ultimo sposa la ricca e colta Giuseppina Fontana, che porta in dote la villa oggi Museo Sartorio: la coppia la arreda con i mobili e i quadri di pregio tuttora esposti. Dei loro quattro figli, è soprattutto Giuseppe a ereditare il gusto per l’arte, diventando un attento e competente collezionista, cui si deve – tra le altre – la rara collezione di 254 disegni di Giambattista Tiepolo.

La Villa

L’edificio, documentato già alla fine del XVIII sec. quale ampia costruzione a due livelli, fu ampliato negli anni Trenta dell’800 fino ad acquisire l’aspetto attuale, che è il risultato dell’intervento di riforma operato nel 1838-1839 dall’architetto Nicolò Pertsch. L’architetto connotò la facciata principale sul giardino e quella postica con i caratteri desunti dall’architettura neoclassica allora in voga e creò davanti agli ingressi due portici a tre fornici. Eleganti e funzionali, questi riecheggiano la soluzione già adottata nel 1801 da Matteo Pertsch, padre di Nicolò, per l’ingresso del Teatro Nuovo (oggi Teatro Comunale “G. Verdi”).
Numerosi interventi vennero attuati in quegli anni anche all’interno dell’edificio, con l’aggiunta di ambienti supplementari che oggi corrispondono all’ultima sala della Biblioteca – coperta a volta e collegata alla piccola cappella – e alla soprastante Sala Gotica.
Nel 1839, inoltre, i Sartorio fecero progettare dall’architetto Francesco Scalmanini l’ingresso principale e il piccolo edificio per il custode che servirà anche all’abbellimento della contrada stessa. Nel 1926 l’originaria scala in pietra fu sostituita con quella attuale, più leggera, realizzata in legno. Agli anni Trenta si deve pure il moderno sistema di riscaldamento, che sostituì le antiche stufe in maiolica, di cui la casa conserva solo poche testimonianze: tre esemplari in tutto, uno per piano.

Il Giardino

Il Museo è attorniato da un piccolo ma attraente giardino, la cui originaria impostazione era quella di un parco all’inglese di piccole dimensioni, con il caratteristico andamento sinuoso di viali e vialetti che vanno a creare aiuole e spazi erbosi di forma irregolare, ombreggiato da vecchi alberi tra i quali il Cedro del Libano, che tuttora eccelle per l’imponenza e per la sua configurazione a ombrello.

Le statue che lo adornano vi furono trasferite nel 1994 dalla Villa Carolina di Montebello, appartenuta alla famiglia Sartorio, e decoravano un tempo la villa Gradenigo sul Terraglio in Veneto. Esse ritraggono divinità e figure mitologiche: Pomona con tralcio d’uva e puttino avvinghiato, Sileno appoggiato all’asino, Pallade con elmo e scudo, Apollo con la lira, Bacco ebbro e Iole con la pelle di leone e la mazza; tranne la Venere con delfino, realizzata in marmo e firmata da Francesco Bonanni, le altre sono in pietra e costituiscono un raro esempio di scultura da esterno del primo Settecento presente a Trieste.

Sui muri perimetrali sono inseriti alcuni reperti lapidei mentre una piccola stele ricorda la sepoltura del cane Luchy, fedele compagno di Anna Sartorio.

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