
(•) Servizi per il pubblico
(•) Sale con arredamento Sartorio
(•) Sale con collezione dei CMSA
(•) Spazi riservati al personale Ascensore
Primo Piano
- Atrio degli specchi affreschi originali
- Sala da pranzo in stile Biedermeier
- Salotto degli antenati
- Salottino di Paolina in stile Luigi XVI
- Sala neogotica
- Salone delle feste
- Sala di musica
- Salotto rosa con mobili in stile Luigi XV
- Passaggio acquarelli e oli di G.B. Bison
- Sala da letto del Duca
- Trittico di Santa Chiara
- Collezione Rusconi-Opuich
- Terrazza luogo sicuro per emergenza
LA SALA DA PRANZO [20]

È arredata con mobili in quello stile Biedermeier tanto in voga in Austria e, nella prima metà del XIX secolo, anche a Trieste: sobri, eleganti e soprattutto funzionali. Sulla tavola apparecchiata e sulla credenza-piattiera il pregiato servizio in porcellana Meissen (decorato secondo il gusto tardo rococò), dono del re di Sassonia Federico Augusto II a Giovanni Guglielmo Sartorio (console di Sassonia a Trieste) in occasione delle sue nozze. Le posate in argento del primo ‘800 appartengono invece al lascito Rusconi Opuich del 1975.
La stanza è ravvivata dalle preziose sovrapporte a tempera di Giuseppe Bernardino Bison (Palmanova 1762 – Milano 1844): Paesaggio monocromo con pappagallo e fiori, Paesaggio monocromo con fiori, ciliege e pappagallo, Trionfo di Nettuno. Alle pareti due importanti dipinti La bancarella del pesce e La bancherella della verdura attribuiti a Francesco Polazzo (Venezia 1683 – ivi 1753); due esempi di pittura del XVII secolo, l’uno di scuola napoletana Natura morta con selvaggina e cane (sulla parete tra le finestre), l’altro di scuola fiamminga Natura morta con selvaggina. Una coppia di piccoli ritratti ottocenteschi con cornice coronata raffigura Re Federico Augusto di Sassonia e la regina. L’acquerello con Veduta di Meissen sull’Elba, una Natura morta dipinta su rame. Sui mobili ,candelabri e vasi ottocenteschi in porcellana dorata e dipinta, assieme agli eleganti para fuoco decorati a ricamo e perline, completano l’arredamento della stanza.
IL SALOTTO DEGLI ANTENATI [21]

Riunisce i ritratti ottocenteschi della famiglia Sartorio, che visse nella villa dal 1834 al 1946. Di gusto tipicamente ottocentesco accosta alle poltroncine imbottite due cassettoni. Sul cassettone di sinistra poggiano i ritratti a olio di Michele Sartorio e di sua moglie Clorinda Gioan, firmati Hauser. Sono riconoscibili sulla parete del caminetto: in abiti settecenteschi con penna e lettera in mano Pietro Sartorio, che giunse da Sanremo nel 1775, e in pendant il ritratto della moglie Brigida Borea d’Olmo, con una particolare acconciatura; al centro, il figlio Giovanni Guglielmo in un convincente dipinto attribuibile al pittore Giovanni Pagliarini (Ferrara 1808 – ivi 1878), databile attorno al 1869. Sulla parete di fronte, tra le due finestre, l’altro figlio Pietro in un’opera di Carlo Wostry (Trieste 1865 – ivi 1943) del 1888, legata all’impressionismo monacense. Sulla parete destra in alto: da sinistra Giuseppina Fontana (moglie di Pietro), Carolina Gobbi Sartorio (moglie di Giovanni Guglielmo) di Adolf Henning (Berlino 1809 – ivi 1900) e Carlo d’Ottavio Fontana (padre di Giuseppina). Sotto, nei due piccoli ovali, i figli di Giuseppina e Pietro bambini: Carolina e Paolina, Giuseppe e Alberto. Tra i dipinti ottocenteschi si differenzia il Ritratto di Giovanni Guglielmo Sartorio commissionato nel 1998 al pittore Alessandro Ricardi di Netro dalla moglie dell’effigiato, la contessa Wanda Romer de Chyszow, che volle farne dono al Museo, affinché perdurasse il ricordo di quest’ultimo discendente, che tanto amò Trieste. Sulla parete sinistra, da sinistra, Pietro Sartorio la moglie Giuseppina Fontana in due ritratti datati 1854 e 1853, firmati Franz Wiel (attivo a Vienna e a Praga dal 1837 al 1858), e al centro Pierino, (figlio di Giovanni Guglielmo) effigiato da ragazzo, databile 1835. Sotto, in un piccolo olio, Giuseppina (su una sedia della sala neo gotica) e accanto, nella miniatura ad acquerello di Michael Stohl (Vienna 1813 – ivi 1881), la figlia Carolina. A destra del caminetto un vivace ritratto dei fratelli Maria, Carlo e Carolina de Steininger (nipoti di Giovanni Guglielmo), di Eduard de Heinrich (Budapest 1819 – Milano 1885).
IL SALOTTINO DI PAOLINA [22]

Una curiosa quanto romantica tradizione ha legato il nome di questo ambiente a quello di Paolina Sartorio, che trascorse tutta la vita in questa villa, attribuendole la magistrale realizzazione dei sei pannelli ricamati che ornano le pareti. Tuttavia alcune fotografie recentemente ritrovate rivelano come il mobilio di questa stanza, compresi i ricami e gli stucchi, provenisse da un salotto della casa di via della Geppa 8, ove viveva Anna Sartorio con il marito Salvatore Segrè sino al 1921. Quando la coppia si trasferì in villa il salotto fu adattato all’ambiente attuale. L’ambiente ha la grazia chiara dello stile Luigi XVI; una raffinata semplicità è riflessa dal grigio e dall’oro delle eleganti poltroncine, delle consolles e del tavolino, intonati ai pannelli che rivestono le pareti, creati in anni di domestico, arcaico lavoro. Nella vetrinetta e sul tavolino sono conservate alcune preziose porcellane viennesi e napoletane, mentre accanto figurano vasi Giapponesi. Come sovrapporte, tre tempere monocrome, raffiguranti rovine di gusto romantico, già attribuite a Carati.
LA SALA NEOGOTICA [23]
In netto contrasto con il gusto prevalente della casa, la sala neogotica, dedicata alla musica e al gioco: raro esempio di recupero delle forme gotiche, diffusosi soprattutto in Francia verso la prima metà dell’Ottocento.
La decorazione del pavimento e del soffitto è realizzata in modo da intonarsi al mobilio, completato da un leggio per quartetto, un orologio dorato simulante una cattedrale e da due candelabri. I quadri con soggetti di gusto romantico, eseguiti per la famiglia, sono opere di artisti di scuola veneziana operanti a Trieste attorno al 1830. Sulla parete di fronte alla porta, il dipinto che ritrae due illustri e sventurati amanti, Paolo e Francesca, opera del pittore accademico Michelangelo Grigoletti (Pordenone 1801 – Venezia 1870); la parete centrale ospita La morte di Marco Botzaris di Ludovico Lipparini (Bologna 1800 – Venezia 1856), anch’egli insegnante all’Accademia di Venezia nei medesimi anni; infine Tancredi ferito e trovato da Erminia e da Vafrino, pure questa opera di Grigoletti.
IL SALONE DELLE FESTE [24]

Il grande salone di ricevimento si apre sulla terrazza che guarda il giardino ed è sobriamente adornato da consolles con specchi del più lineare stile Impero. Sulle pareti due arazzi del tipo “tenière” o “boscarecce” con scene di genere di manifattura fiamminga del XVIII secolo e grandi tele di pittori di scuola tedesca e veneta tra il XVII e il XIX secolo. Come sovrapporte, due vedute di Venezia fantastica (scuola veneta del XVIII secolo).
In pendant, sulla parete verso l’atrio, Marcantonio e Cleopatra e Scena mitologica attribuite a J.F.M. Rotmayr von Rosenbrun (Laufen, Baviera 1654 – Vienna 1730).
LA SALA DI MUSICA [25]
La sala accoglie attorno al pianoforte costruito dalla celebre casa viennese “F. Ehrbar”, alcune sedie, una dormeuse Impero, un tavolo, alcuni tavolini d’appoggio, che indicano un ambiente di ritrovo per poche persone, che comodamente sedute ascoltavano la musica. La vetrina è opera del noto ebanista triestino Giuseppe Passalacqua: contiene un servizio in porcellana con monogramma S.S. appartenuto a Salvatore Segrè Sartorio. Sulla parete quadri con soggetto mitologico, eseguiti dal pittore austriaco Martin Johann Schmidt nel 1788-1789, raffigurano Borea rapisce Orizia, Baccanale con Sileno, Mercurio affida Bacco alle ninfe di Nisa, Orfeo ed Euridice.
Sul pianoforte una stampa raffigurante il Ritratto di Giovanni Guglielmo Sartorio Salvatore Segrè Sartorio, l’altra Salvatore Segrè Sartorio e la moglie Anna in abiti di rappresentanza al Castello di Spessa (Cormons, Gorizia), che fu di loro proprietà.
In questo ambiente le pitture murali, databili agli anni Venti del XIX secolo, emerse nei restauri del 2006 interessano oltre a tutta la superficie del soffitto, anche parte delle quattro pareti; sul soffitto otto puttini – intervallati da un motivo a festone – trattengono i lembi di un velario. Agli angoli del soffitto strumenti musicali fanno pensare che questo ambiente fosse da sempre riservato alla musica. Lungo tutte le pareti, un finto tendaggio drappeggiato e delle esili colonne completano, assieme a delle finte partiture architettoniche, la decorazione della stanza.
IL SALOTTO ROSA [26]

Il salotto è arredato con mobilio neorococò, in stile Luigi XV, preziosamente intarsiato con motivi floreali; composto da un tavolo, un tavolino-fioriera, una scrivania femminile, un tavolinetto da trucco e due mobili a parete, che ben si accostano all’ampio divano e alle poltrone da Su uno dei mobili, busto in marmo raffigurante Uomo con specchio e spada.
Due poltrone gemelle, autentiche del periodo Luigi XV, conservano la tappezzeria rosa e oro originale.
Preziosi i dipinti che ornano le pareti: come sovrapporte due pendant Fiori in un cesto di vimini, attribuibili a Felice Fortunato Biggi (Parma?, attivo a Verona tra la fine del XVII e gli inizi del XVIII sec.); sulla parete entrando a destra, i due pendant Pastore e portatrice d’acqua e Gentiluomo e gentildonna con cagnolino (XVII sec.), sulla parete entrando a sinistra, Paesaggio bucolico con archi in rovina e Paesaggio bucolico con tomba a edicola, del XVIII secolo.
Sulla parete centrale dietro al divano, Scena mitologica e Agrippina piange sull’urna del suo sposo Germanico, dipinti di Andries Cornelis Lens (Anversa 1739-Bruxelles 1822), artista che ebbe il merito di aver introdotto nella pittura fiamminga i nuovi ideali del neoclassicismo.
Sulla parete destra Il traghetto e la mandria, paesaggio decorativo di gusto romantico, che può essere inserito nel corpus delle opere di Giuseppe Roncelli (Candia 1663-Bergamo 1729) e Paesaggio con rovine e cascinali attribuito al pittore veneziano Francesco Albotto (1721 ca.-1757), allievo di Michele Marieschi; sotto Paesaggio bucolico con ara e veduta di Roma di Lorenzo Scarabelotto (Trieste 1796-Brasile 1851).
Anche in questo ambiente sono emerse interessanti pitture murali: sul soffitto, oltre a semplici e raffinati motivi vegetali, si trovano tracce di un puttino e alcuni strumenti musicali, mentre sulla parete di fondo un’ampia specchiatura centrale priva di ornamenti è contornata da cornici dipinte e da due fasce decorate da motivi vegetali e antropomorfi. Sulla fascia perimetrale alla base del soffitto si sviluppa un’ornamentazione vegetale.
LA STANZA DA LETTO DEL DUCA [28]
La stanza arredata nello stile Impero accolse ospite nel 1919 Emanuele Filiberto Duca D’Aosta. Prima dei danni subiti dall’edificio durante l’ultima guerra il mobilio era sistemato in un ambiente al piano terra, con accanto il suo bagno privato, ora non più esistenti.
Alle pareti è proposta una galleria di pregevoli dipinti del Sei-Settecento di soggetto sacro appartenuti alla famiglia Sartorio.
Sulla parete dietro al letto, Adorazione dei pastori di scuola bolognese del XVIII secolo, Madonna in preghiera nella consueta iconografia di Giambattista Salvi, detto il Sassoferrato (Sassoferrato 1609 – Roma 1685), Madonna con Bambino, dipinto attribuito ad Alessandro Tiarini (Bologna 1577 – ivi 1668), Deposizione dalla Croce con angeli in adorazione e l’intenso e armonioso Angelo con giglio, opere del XVII secolo.
Sulla parete destra, il settecentesco San Sebastiano dalla rara iconografia, Sant’Agata curata da San Pietro attribuita a Simone Pignoni (1614 – Firenze 1698), San Cristoforo col Bambino Gesù e Maddalena penitente di scuola bolognese del XVII secolo. A sinistra della finestra, in pendant, due piccoli dipinti settecenteschi Adamo ed Eva cacciati dal paradiso terrestre e Caino e Abele.
A destra della finestra, il grande e vigoroso dipinto raffigurante Sacrificio di Isacco di scuola veneta del ’600, per cui è stato proposto il nome di Sebastiano Mazzoni (Firenze 1615 ca – Venezia 1683).
Accanto alla porta d’entrata a sinistra dello specchio in alto, l’intimistica Sacra famiglia con Sant’Antonio di un giovane Francesco Zugno (Venezia 1708 – ivi 1787); sotto, il bozzetto per lunetta Incoronazione di Maria attribuito a Iacopo Marieschi (Venezia 1711 – ivi 1794); a destra dello specchio Adorazione dei Magi di scuola bolognese del ’700, dalla composizione ricercata, ricca di simboli cristiani.
TRITTICO DI SANTA CHIARA [29]

In una stanza al primo piano, adeguatamente climatizzata e illuminata, è esposto al pubblico il Trittico di Santa Chiara, eccezionale testimonianza della pittura veneziana della prima metà del Trecento.
Eseguita a tempera su tavola si compone di una tavola centrale e di due portelle laterali. La parte centrale è scompartita in 36 riquadri raffiguranti su fondo oro episodi della vita di Cristo, tranne gli ultimi due che rappresentano la morte di Santa Chiara e le stimmate di San Francesco.
Sulla portella sinistra (a trittico aperto) compaiono, su tre registri, dall’alto verso il basso, i Santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista in atto di presentare l’animula di Santa Chiara al Padre Eterno; San Giusto e San Sergio; San Lazzaro e Sant’Apollinare.
Sulla portella destra, La Pietà e la Madonna della Misericordia; Un vescovo in atto di porgere un ramo d’ulivo a un gruppo di giovinette ai piedi di Santa Chiara e Sant’Agnese; Santa Barbara, Santa Caterina, Santa Margherita. A trittico chiuso sono raffigurati sull’ala sinistra San Cristoforo, su quella destra San Sergio, con l’alabarda di Trieste in mano; quasi a conferma che l’opera fu eseguita per la città.
Il dipinto apparteneva in origine alle monache di clausura del Monastero di San Cipriano di Trieste, che all’epoca della fondazione (1278) avevano aderito alla regola di Santa Chiara per poi passare, nel 1367, a quella di San Benedetto. Fu donato dalle Benedettine, nella seconda metà dell’Ottocento, al dottor Lorenzutti, medico e letterato triestino, che a sua volta lo lasciò in eredità al Comune di Trieste, affinché fosse visibile ad un più vasto pubblico.
L’ancona centrale può essere assegnata a un maestro vicino alla maniera bizantina e alla miniatura (riconosciuto in Marco Veneziano o nel Maestro di Santa Chiara) e può essere datata intorno al primo decennio del XIV secolo; le portelle si riconnettono invece ai modi di Paolo Veneziano, il primo grande esponente della pittura veneziana del Trecento o a un suo strettissimo collaboratore e si possono ascrivere agli anni intorno al 1320.
LA COLLEZIONE RUSCONI-OPUICH [30]

Le tre sale espongono la collezione Rusconi-Opuich, che passò al Comune di Trieste nel 1975, alla morte di Antonino Rusconi. Si tratta di una collezione vasta ed eterogenea, che va dall’arte antica al Novecento, includendo dipinti, icone, sculture, disegni, stampe, ventagli, stoffe, gioielli di epoca romana e ottocenteschi, strumenti musicali, reperti archeologici, peltri, maioliche, ceramiche, vetri, tappeti e mobili per un totale di oltre 2.500 pezzi. Per volontà testamentaria di Antonino la sua raccolta doveva essere esposta al pubblico e portare accanto al suo cognome quello della zia materna Odinea Opuich, dalla quale dopo la morte precoce della madre Antonino fu allevato e accanto alla quale passò tutto il resto della vita. Avendo egli destinato il suo grande appartamento ad altri scopi caritatevoli, mancava uno spazio adeguato per poter esaudire il desiderio del donatore. Considerando che i Sartorio erano imparentati con i Rusconi, alcuni anni fa è stata scelta questa sede, che per l’analogia degli oggetti esposti, ben si integra con le collezioni dei Sartorio.
Nel primo ambiente, con salottino veneto in stile Luigi XVI (fine XIX sec.), ci accolgono due delle opere più prestigiose della collezione: Testa di vecchio orientale, assegnabile a Giandomenico Tiepolo (Venezia 1727 – 1804); e un suggestivo San Marco attribuibile a Gaetano Gandolfi (San Giovanni in Persiceto, Bologna 1734 – Bologna 1802); artista che costituisce uno dei momenti più rimarchevoli della pittura bolognese della seconda metà del Settecento. L’elegante libreria Impero custodisce e raggruppa gli oggetti più preziosi: peltri; reperti archeologici, tra cui un piccolo aryballos corinzio del VI secolo a.C., tre lucerne romane, un rilievo in avorio di arte copta probabilmente alessandrina (V-VI sec.); gioielli borghesi del primo ’800, come coppie di orecchini in oro, filigrana, perline scaramazze, spilloni da cappello e da cravatta in oro e smalto, coppia di bracciali in oro lavorato a sbalzo e pasta vitrea fusa, orecchini e spilla a mosaico (Roma, prima metà XIX sec.); gioielli antichi, tra cui orecchini in oro e pietre dure, pendenti, anello con castone in corniola; argenti, tra cui due caffettiere dalla classica forma a uovo (Milano, E. Caber, inizi XIX sec.), candelieri Biedermeier; miniature tra cui due francesi del XVIII secolo. Pure l’elegante trumeau settecentesco ospita oggettistica da collezione.
Alle pareti, alcune piccole tele e tempere di Giuseppe Bernardino Bison, disegni di Giuseppe Lorenzo Gatteri, e scenette di genere di Eugenio Bosa, Guido Gonin, Angelo Inganni, Giovanni Luigi Rose, e suggestivi paesaggi alla maniera di Marco Ricci, Vittorio Amedeo Cignaroli, Carlo Gilio.
SALA DEI RITRATTI
Il secondo ambiente riunisce i ritratti della famiglia di Antonino Rusconi e alcuni mobili di gran pregio e bellezza, tra i quali per dimensioni si distingue l’armadio a doppio corpo in stile austriaco-tirolese datato 1627; decorato con alto frontone, sulla cornice aggettante tra i vari ornamenti si legge la data in caratteri gotici. Le maniglie laterali in ferro erano utili alla movimentazione . Sopra a questo, quattordici albarelli in ceramica di cui undici con iscrizioni e tre decorati con motivo a margherita o “a tacchiolo”.
Lungo le pareti da sinistra tre cassettoni intarsiati: il più piccolo in avorio decorato con uccelli e campanule, uno più semplice con legni diversi e il terzo decorato con colonne tortili e intarsiato con mazzi di fiori e aquile sul ripiano e fiori e rapaci sui fianchi (Lombardia, XVII sec.), infine un tavolo rotondo in marmo intarsiato e scolpito (Italia centrale, XIX secolo). Sopra un tavolino la piccola collezione di boccali da birra in peltro di varie dimensioni, databili tra il XVII e il XVIII secolo di produzione germanica.
I RITRATTI
Entrando, sulla parete sinistra, Ritratto di Ambrogio Rusconi, trisavolo di Antonino, sotto Ritratto di Stefano Opuich bambino, il nonno, opera di G. Spotorno Palermitano del 1849, Ritratto femminile con mascherina, opera ottocentesca (arricchita da un’elaborata cornice con motivi vegetali), due ovali raffiguranti, il primo Ritratto di Natalia e OdineaOpuich, la mamma e la zia di Antonino Rusconi firmato A.T., il secondo, Ritratto di due bambine di Felice Schiavoni (Trieste 1803 – Venezia 1881), forse le medesime sorelline questa volta idealizzate, avvolte da tralci di rose.
Infine, di Gaetano Antodicola (Roma? – Trieste 1836) quattro acquarelli su avorio, in cui si riconoscono la Morte di Lucrezia e la Morte di Catone.
Sulla parete di fondo, Ritratto di Anna Opuich, 1856, la nonna di Antonino Rusconi. di Felice Schiavoni (Trieste 1803 – Venezia 1881), sotto due miniature Ritratto di Orsola Rusconi Valentinis e Ritratto di Bela Hadik Futak; sul cassettone poggiano una coppia di candelabri ottocenteschi d’ispirazione rinascimentale con suonatore di liuto e dama che legge e, al centro, un orologio a lira.
In alto al centro, Ritratto di Adelaide Reisden Fontana, la bisnonna, attribuibile aNatale Schiavoni (Chioggia, Venezia 1777–Venezia 1858), sotto Ritratto di Giuseppe Federico Reisden e Ritratto di dama con diadema.
In alto, di Gian Francesco Locatello (Venezia 1810–1882) Ritratto di Cristoforo Opuich, il bisnonno materno.
Sotto, due miniature Ritratto di Anna de Zanna Rusconi e Ritratto di nobiluomo de Zanna da Predazzo; sul cassettone poggia una coppia di candelieri Biedermeier in argento a tre fiamme di cui quella centrale è sorretta da un angioletto a braccia conserte (Vienna, 1844).
A sinistra della porta che conduce alla stanza da letto di Felice Schiavoni (Trieste 1803 – Venezia 1881) Ritratto di Carlo Antonio Fontana,Ritratto di Adelaide Opuich in Fontana, attribuito a Michaele Stohl (Vienna 1813 – 1881) e infine il pastello settecentesco Ritratto di Federico Reiden senior di scuola francese.
A destra della porta che conduce alla stanza da letto, dall’alto, di Franz Eybl (Vienna 1806 – 1880) il Ritratto di Carlo Antonio Fontana, 1840, il bisnonno materno e il Ritratto di Adelaide Reisden Fontana, 1840 la bisnonna materna, Ritratto di Carlino, Adelina, Natalia Fontana, la nonna materna e i prozii di Michael Stohl (Vienna 1813 – 1881) del 1841.
Proseguendo, lungo la parete in alto, di scuola lombarda il Ritratto di Giuseppe Antonio Rusconi, il bisnonno paterno e accanto il Ritratto di Anna de Zanna Rusconi, la bisnonna paterna. Infine, Ritratto di Stefano Opuich, 1860 il nonno materno di Antonino Rusconi di Giulio Carlini (Venezia 1830 – 1887).
Alla destra dell’armadio a doppio corpo, Ritratto di Orsola Civrani Rusconi, la trisnonna paterna attribuibile a Giuseppe Tominz (Gorizia 1790 – Gradiscutta 1866) e Ritratto di architetto attribuito a Placido Fabris (Pieve d’Alpago, Belluno1802 – Venezia 1859).
CAMERA DA LETTO
Infine il terzo ambiente ospita la camera da letto di Antonino Rusconi con quadri di soggetto religioso, tra cui spicca Madonna col Bambino di Francesco Caroto, paesaggi e marine, tra le quali due opere di Ippolito Caffi.
I mobili con il loro sapore ottocentesco riflettono la predilezione del proprietario per la sobrietà e compostezza dello stile Biedermeier nel quale egli si trovava perfettamente a suo agio.
Con una scelta ragionata, alcuni dipinti con soggetto sacro e vedute, oggetti personali e da collezione sono stati inseriti nell’arredamento per rendere più reale l’atmosfera della camera da letto di un appassionato raccoglitore d’arte.
Una coppia di armadi con unica anta a specchio e coronamento intagliato a giorno con motivo a nastro, una scrivania a cilindro, un letto a una piazza e mezza, un comodino, un cassettone con specchiera, e alcune sedie si accostano con armonia per le loro linee classiche della prima metà del XIX secolo, pur essendo tutti mobili di diversa produzione (Austria e Veneto).
Sulla scrivania a cilindro un prezioso e originale scrittoio da viaggio intarsiato in bronzo, tartaruga, avorio e madreperla, con lavorazione tipo “Boulle” (seconda metà XIX sec.); cinque orologi da taschino della prima metà dell’ 800 e di fabbricazione inglese, tedesca e svizzera e due orologi da persona preziosi con parti in argento e tartaruga della prima metà del ’700. Accanto, due curiosità costituite da orologi solari con bussola, uno databile al XVII sec. in avorio di narvalo, l ’altro in contenitore di legno di fattura tedesca dei primi del XIX secolo; infine un calendario perpetuo in ottone, probabilmente di fattura tedesca della fine del XVII secolo.
Sull’alzata della scrivania due orologi da mensola del tipo cossiddetto “a capuccina”, uno più grande (Vienna, A. K., fine XVIII sec.) e uno più piccolo (Austria, P. Hochoeger, prima metà XVIII sec.), una pendolina trasportabile Biedermeier (Austria, 1830-1840) e un più elaborato orologio da camino con zampe caprine, satiri e coronamento con aquila (macchina viennese, metà XIX sec.). Coperto da campana in vetro un sontuoso orologio con figura equestre in bronzo dorato e ferro (Trieste, M. Minas, 1880 ca., macchina austriaca).
Sul carrello accanto al letto un vassoio San Marco d’argento (Venezia, fine XVIII sec.), un servizio da caffè in porcellana bianca con delicati fiorellini (Vienna, prima metà XIX sec.) e un cestello traforato in terraglia bianca (Trieste, Pietro Lorenzi, fine XVIII sec.).
Sul ripiano di marmo del cassettone: un servizio da toilette in terraglia dipinta a motivi Jugenstil composto da catino, brocca, portasapone, una coppia di candelabri in bronzo e ottone (XIX sec.) e altri due servizi da toilette.
Davanti alla finestra una rara poltrona da toilette con caratteristico schienale a sella (Veneto, XVIII sec.) e due sculture, a sinistra Santo e a destra il Ritratto di Natalia Fontana di Angelo Cameroni.
Sulla parete accanto al letto e sul comodino: piccola acquasantiera in argento, raffigurante San Giovanni, la Maddalena e Maria ai piedi della Croce (Austria ?, 1830 ca.), un Crocifisso in bronzo e legno (Austria ?, inizi XVIII); tre piccole pace tutte raffiguranti scene della vita di Cristo: “Sacra famiglia” (Bologna, seconda metà XVII sec.) e “Deposizione di Cristo” (Veneto, prima metà XVI sec.) ambedue in ottone e “Ultima cena” (Italia centrale, inizi XVIII) in legno intagliato entro contenitore d’argento. Ancora una bugia in argento (Milano, E. Caber, primo quarto XIX sec.) e una bottiglia e bicchiere in cristallo decorato a foglie e tralci d’uva, rossi in trasparenza (Boemia, metà XIX sec.).
I DIPINTI
Partendo dalla parete a sinistra della porta d’ingresso: Il mercato della frutta a Milano di Federico Moja, Marina con barche e pescatori di Lorenzo Butti (Trieste 1805–1860), Il campanile di San Marco nella nebbia e Festa di notte sul Canal Grande, entrambi di Ippolito Caffi (Belluno 1809 –Lissa 1866), Battaglia navale, pittura inglese del primo quarto XIX secolo.
Sopra il secondo armadio: Piazza delle Erbe a Verona. Accanto, in pendant tra loro, Santa Caterina e Sant’Agnese del XVIII secolo.
A sinistra della scrivania San Rocco con il cane attribuito a Francesco Cappella (Venezia 1714–Bergamo 1784) e sotto uno studio a penna, Due teste e due putti, di Giuseppe Bernardino Bison (Palmanova, Udine 1762–Milano 1844).
Sopra la scrivania Santa Cecilia, in pendant con Santa Caterina attribuito a Marco Antonio Franceschini (Bologna 1648– 1729).
Sopra il letto, Madonna col Bambino di Giovan Francesco Caroto (Verona 1480–1555).
A destra, un bozzetto con l’Entrata di Cristo a Gerusalemme di Sebastiano Santi (Murano, Venezia 1789–Venezia 1866) e San Girolamo di Giuseppe Bernardino Bison (Palmanova, Udine 1762–Milano 1844)
Sopra la cassaforte La festa di Sant’Ambrogio firmato Vicentini del 1828.
Sulla parete di fronte al letto un pastello di S. Gebsattel, Ritratto di Odinea Opuich,la zia materna, del 1897.
Sopra il doppio calorifero Deposizione dalla Croce attribuito a Matteo Ponzone (Arbe, oggi Rab in Croazia, 1586 ca.–Venezia ante 1675).
A conclusione, Mercato della frutta a Milano di Federico Moja (Milano 1802– Dolo, Venezia 1885) e due vedute di Venezia, Riva degli Schiavoni e Riva degli Schiavoni dal mare.