Restauro di una Specchiera con amorini, service  dell’Inner Wheel Club di Trieste

Sabato 2 marzo 2024 alle ore 17 si terrà la cerimonia di consegna al Museo Sartorio del restauro di una preziosa Specchiera con amorini, opera veneziana del XVIII secolo appartenente alla collezione Sartorio, da parte dell’Inner Wheel di Trieste C.A.R.F., quale service per l’anno innerino 2023-2024.

Alla cerimonia saranno presenti Giorgio Rossi, assessore alle Politiche della Cultura e del Turismo del Comune di Trieste, la signora Serena Semerini De Vanna, presidente in carica dell’Inner Wheel Club Trieste, e la dott.ssa Michela Messina, conservatore del Museo Sartorio.

Il service, in occasione del 42° anniversario della fondazione dell’Inner Wheel Club di Trieste, restituirà alla pubblica fruizione un prezioso arredo del Museo Sartorio, tanto caro alla mecenate e socia fondatrice del Club Fulvia Costantinides. La Specchiera con amorini, restaurata dal Laboratorio Restauri d’Arte di Viviana Deffar e Donatella Russo Cirillo, troverà collocazione permanente nel Salotto di Anna, al secondo piano del Museo.

A seguire, alle ore 17.45, presso la Sala “Giorgio Costantinides” del Museo stesso, si terrà un intrattenimento musicale, a cura della prof.ssa Teresa Trevisan, socia dell’Inner Wheel Club di Trieste, protagonisti due giovani studenti del Conservatorio Tartini, che eseguiranno spartiti provenienti dal fondo musicale della biblioteca Sartorio, oggi conservata al Museo Teatrale “Carlo Schmidl”, reperiti grazie alla collaborazione del conservatore del Museo Teatrale dott. Stefano Bianchi e della bibliotecaria dott.ssa Elisabetta Buffulini.

La Specchiera con amorini (inv. CMSA 19279) misura cm 143x114x20 e si compone di uno specchio centrale di forma rettangolare, circondato da una cornice di pieno gusto rococò in legno intagliato a volute con motivi floreali e dorato in oro zecchino, in cui sono inseriti altri otto piccoli specchi decorati con figure di amorini ottenute mediante l’incisione del vetro. Gli amorini, alati e volanti tra le nuvole, sono colti in atteggiamenti giocosi, quali lanciare frecce, suonare la tromba, reggere vessilli e giocare con animali.

I grandi specchi veneziani settecenteschi, eccezionalmente costosi, moltiplicavano l’immagine degli arredi e dei rivestimenti dei saloni, creando illusioni ottiche e dilatando lo spazio dei piccoli salotti. Soprattutto, essi riflettevano la luce delle numerose candele collocate negli ambienti, moltiplicandola e aumentandone la luminosità.

La produzione veneziana degli specchi non sarebbe stata possibile se, verso la metà del XV secolo, non fosse stato inventato a Murano il cristallo, un vetro così limpido, trasparente e incolore da assomigliare al cristallo di rocca. Nel XVI secolo i Veneziani introdussero una nuova tecnica, consistente nel depositare del mercurio – lavorato con una pietra apposita e lucidato con tamponi leviganti – al di sopra di una serie di strati di stagno, anch’essi accuratamente levigati e posti su una superficie vitrea cristallina: grazie al procedimento di spianatura e lucidatura delle lastre di vetro, si ottennero specchi con superfici perfettamente piane e regolari, gli inimitabili specchi veneziani, nei quali l’immagine riflessa appariva finalmente nitida.

Nella seconda metà del XVI secolo prese avvio il gusto per la decorazione a incisione delle superfici specchiate, con il diamante o con una pietra silice: gli specchi veneziani, che sposavano una tecnica avanzata con uno spiccato gusto artistico, inondarono i mercati europei.

Nell’iconografia lo specchio è attributo consueto di virtù, come la Prudenza, oppure di vizi come la Lussuria, e compare frequentemente nelle raffigurazioni di Venere, alla quale si connette anche la decorazione di questa specchiera con i vivaci amorini.

L’intento del concerto è quello di far rivivere l’abitudine del fare musica, del suonare assieme tipica dell’area mitteleuropea, uno dei passatempi preferiti per un gran numero di famiglie piccolo-borghesi, nobili o benestanti, nel senso più alto del termine dilettantismo.

Il dott. Stefano Bianchi, conservatore del Museo Teatrale, così descrive l’atmosfera della città tra fine ‘800 e inizio ‘900: «Il fatto che la Trieste del secolo scorso sia percorsa sistematicamente da una spiccata attitudine ad un musizieren di marca dichiaratamente mitteleuropea appare immediatamente evidente a chi si avventuri nel mondo salottiero, intrigante e spesso straordinariamente produttivo sul piano intellettuale della borghesia triestina ottocentesca. Le esibizioni di quartetti d’archi si intrecciano a quelle di formazioni cameristiche tra le più disparate, mentre alla tastiera del pianoforte signorine di buona famiglia si alternano a maestri di musica più o meno noti nel tessere la trama connettiva di un contesto entro il quale il fare musica assieme si impone come una sorta di necessità: culturale e sociale. Le domestiche biblioteche musicali abbondano così di pagine e antologie per canto e pianoforte, di riduzioni pianistiche (a due e a quattro mani) del repertorio sinfonico e operistico, ma anche di piccoli omaggi musicali dedicati a singoli membri della famiglia in occasione di onomastici e compleanni. Nel caso dei Sartorio, un’indagine a tutto campo sulle abitudini musicali dei singoli componenti della famiglia potrebbe aprire stimolanti prospettive. Lo spoglio del fondo di musiche, manoscritte e a stampa, proveniente dalla biblioteca Sartorio e oggi custodito presso il Civico Museo Teatrale “Carlo Schmidl”, rivela una spiccata abitudine alla musica domestica (che vede impegnati in prima persona alcuni rappresentanti della famiglia). Si viene a scoprire che non soltanto Giuseppina Fontana Sartorio risulta dedicataria di componimenti d’occasione firmati da Giuseppe Mousso-Cambiano, Eugenio Cimoso ed Eugenio Pizzolato, ma che ella stessa dedica, nel giugno del 1860, alla treenne nipote Carolina una Ninna nanna, ricevendone in cambio, sei anni più tardi, una Visione infantile, “Romanza dedicata alla loro dilettissima nonna dalle sue riconoscenti nipotine Carolina e Baby per il suo onomastico”, su parole della stessa Carolina».

La celebrazione dell’anniversario dell’Inner Wheel di Trieste si unisce così ad un’interessante e valida proposta, che ci porta a rivivere l’atmosfera magica di una Trieste del passato e aiuta a riscoprire piccoli e grandi tesori nascosti.

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